Polinesia: i Francesi effettuano test nucleari su atolli disabitati; un’iguana esposta alle radiazioni si trasforma in una nuova specie, un mostro gigantesco che semina morte e distruzione nell’Oceano Pacifico. Muovendosi tra i vermi contaminati dal disastro di Chernobyl e gigantesche impronte di iguana, il capo dei servizi segreti francesi Philippe Roaché (JEAN RENO) e lo scienziato Niko Tatopoulos (MATTHEW BRODERICK) cercano di comprendere il mistero che si cela dietro a Godzilla.
Giunto a New York, il sauro scompare misteriosamente nella baia di Hudson dopo aver terrorizzato Manhattan. Attirato allo scoperto da una trappola a base di pesce, viene braccato da aviazione, esercito e marina. F18, elicotteri, sottomarini e carriarmati si susseguono in un’incessante battaglia notturna tra la Fifth Avenue e Broadway, fino a quando la creatura crolla sotto i colpi dell’esercito.
Tatopoulos ha tuttavia ragione di ritenere che il mostro potesse essere stato gravido, e insieme a Roaché penetra nei sotterranei alla ricerca di possibili uova, scoprendo puntualmente una sorta di galleria-nido scavata sotto la metropolitana. Quando le uova dei piccoli di Godzilla cominciano a schiudersi, Roaché comprende che è necessario distruggere al più presto l’intera struttura. Grazie all’aiuto di una troupe televisiva di cui fa parte anche Audrey Timmonds (MARIA PITILLO), ex fidanzata di Niko, i nostri eroi riescono ad avvisare i militari e ad abbandonare l’edificio poco prima che crolli, bombardato.
Giunti per strada al termine di un estenuante inseguimento, Tatopoulos, Roaché e i membri della troupe si trovano sotto il fuoco degli F18 e inseguiti dallo stesso Godzilla, sopravvissuto miracolosamente allo scontro precedente. La bagarre finisce con la morte del mostro e il trionfo dei buoni.
Colpo di scena finale: un uovo si schiude sotto le macerie del Madison.
Commento
Film di modesto spessore cinematografico, risulta apprezzabile principalmente per gli splendidi effetti speciali. La costosa ed elaborata computer grafica ha consentito al regista di riproporre il mito di Godzilla senza dover ricorrere alla plastilina e alla cartapesta. Per la prima volta nella storia del cinema, l’iguana gargantua viene rappresentata con un’immagine all’altezza delle aspettative. Particolarmente efficaci il sonoro e il mixaggio. Splendida e vincente la sequenza dei passi del mostro (non a caso proprio l’immagine della zampa è stata utilizzata per comporre il manifesto del film) che ROLAND EMMERICH sottolinea con un audio esplosivo.
A fianco di un palese messaggio ecologista sui danni prodotti all’ecosistema dalla sperimentazione nucleare, il regista propone un curioso e intrigante ribaltamento di ruoli: un tempo i dinosauri – senza orecchie – percepivano le prede in avvicinamento rilevando con la pancia le vibrazioni del terreno; in Godzilla sono gli uomini ad avvertire con chiarezza le vibrazioni molto prima che il sauro si riveli alla vista.
Eppure la grandezza di Godzilla va ricercata, al di là degli effetti speciali, proprio nella plastilina. Questo lucertolone gigante è infatti divenuto mito molto prima dell’era della computer grafica, molto prima di potersi presentare al pubblico con un’immagine adeguata alle proprie maestose dimensioni. Le profonde ragioni del successo di questo soggetto, tanto curioso quanto sorprendente, rimasto di moda per oltre mezzo secolo e presente in 28 lungometraggi, vanno ricercate nel Giappone del 1954 (Gojira, prodotto dalla Toho Film Company Ltd.). Godzilla è un immaginario dinosauro sopravvissuto all’estinzione, che, a causa delle devastanti radiazioni atomiche, si trasforma in un mostro enorme. Quasi un Hulk della Marvel, al pari della mirabile opera di Stan Lee porta in qualche modo “giusta distruzione” proteggendo i confini del Giappone – gruppo di isole che identifica come proprio territorio – da qualunque minaccia. Ma, mentre il personaggio della Marvel racchiude in sé contemporaneamente sia la figura dello sperimentatore che quella della cavia (il soggetto che sperimenta diviene l’oggetto della propria sperimentazione), Godzilla resta esclusivamente l’oggetto delle violenze dell’uomo sulla natura, divenendo simbolo tanto inconsapevole quanto eclatante del messaggio che la Terra lancia all’uomo nel tentativo di metterlo in guardia da sé stesso. A differenza del verde protagonista dei fumetti americani, che propone una conflittualità di carattere più spiccatamente prometeico, Godzilla diviene totem dell’olocausto nucleare, incarnando nel suo gigantesco orrore l’incommensurabile dramma del Giappone sconfitto. Ribaltando le deformazioni aberranti in poderosa crescita, la debolezza e la malattia in forza e potenza, Godzilla costituisce la catarsi di Hiroshima e Nagasaki, rappresentando emblematicamente il “ruggito infuocato e deforme” del Giappone del dopoguerra.
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